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I centri abitati - Brentonico
Tratto da Brentonico e il Monte Baldo di Giuseppe Gorfer
Edizioni CIERRE- Biblioteca comunale Brentonico
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Al frazionamento territoriale si accompagna in modo inscindibile quella dell’insediamento dell’uomo. L’area abitativa principale si raccoglie sull’alta dorsale della Val Sorne, quella dove sorge Brentonico, il capoluogo. Il grosso centro oggi appare come un abitato congiunto, ma in origine esso era formato da diversi borghi e nuclei disposti intorno alla spianata del Palù. Brentonico capoluogo è nome non di villaggio ma di regione e rappresenta il polo amministrativo economico, culturale e sociale della zona. Le contrade che lo compongono, Fontana, Lera, Vigo, sono degli agglomerati di case poste su terrazzi con accenni a disposizione a castelliere. Il centro di Brentonico si presenta allungato sull’altopiano in sinistra Sorna; al centro, dove si erge il campanile della chiesa dei Santi Pietro e Paolo, la contrada di Vigo e alle sue spalle quella di Fontana. I particolari costruttivi della parte rurale di un edificio nobile, vedasi Casa Battisti a Fontana, seguono seppure con elementi architettonici più raffinati, la tipologia della casa dell’Altopiano di Brentonico; si possono distinguere i pòrteghi, l’èra, i ballatoi, in questo caso di pietra.
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Sulla sinistra la contrada di Lèra dove si nota la nuova espansione urbana. Lèra è sicuramente, tra le contrade di Brentonico, quella architettonicamente più povera e più aderente alla tipologia rurale dell’edilizia brentonicana. Gli elementi tipici sono rappresentati con estrema povertà di finiture pur essendo presenti tutti i particolari compositivi.
Un altro nucleo più a sud del Palù e discretamente distanziato è il borgo di Fontechel. L’abitato disposto lungo la strada per Prada e Saccone e presso l’incrocio per quella che scende alle Sorne e Cornè si pone a transizione tra l’edilizia rustico-signorile e quella schiettamente rurale presentando entrambi i tipi edilizi.
L’attuale espansione edilizia che a Brentonico capoluogo più che in altre zone si dimostra evidente, ha saturato in parte gli spazi aperti che separavano le antiche contrade, creando così una situazione di continuità. Polmone verde resta tuttora il parco del Palù dalla storia estremamente particolare. Era quel “prato malfactorum” degli accenni toponomastici quattrocenteschi trasformato in parco urbano nei primi anni del ‘900.
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La Chiesa Arcipretale di Brentonico
Tratto da “Il Vicariato di Brentonico" di Silvino Pilati
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L’additare con sicurezza, non solo l’anno, ma anche il secolo in cui la chiesa di Brentonico è stata fatta parrocchia è assolutamente impossibile. Unica memoria cristiana, che ancor resta è la Cappella di S. Giovanni, ubicata sotto il presbiterio dell’attuale chiesa parrocchiale. Esaminandola bene però, resta sempre il dubbio che invece di rappresentare un edificio che doveva esistere da sé solo, non sia che una parte della chiesa antica abbattuta negli ultimi anni del 1500. Qualunque sia però la cosa, questa cappella segna già una antichità rispettabile. Il primo documento scritto, che rammenta la chiesa di Brentonico, è la Bolla di Eugenio III nel 1145, nella quale viene dichiarata appartenente alla diocesi di Verona e quindi soggetta all’autorità del Vescovo veronese. Un altro scritto che ci è stato conservato sin qui, è dell’anno 1197, dove si parla dell’Arciprete di Brentonico Gotifreddo. Attualmente conservata su una parete della sagrestia si trova la pala della chiesetta di Fano, frazione di Brentonico distrutta da una frana nel 1648: è opera anonima del XVII secolo, raffigurante il martirio di S.Bartolameo.
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La chiesa è inoltre ornata da tre belle acquasantiere: quella monumentale all’ingresso principale, di epoca barocca, in marmo giallo; quella sul lato nord, anch’essa in marmo, del XVIII secolo che ha l’affusto a forma di brenta; infine quella presso la porta sul lato sud, in marmo, reca uno stemma raffigurante una mano chiusa a pugno che regge il flagello fiorito.
L’organo; bellissimo ed in buono stato di conservazione è l’organo a trasmissione meccanica. E’ il più antico tra quelli ancora in uso nelle chiese trentine. Costruito nel XVII secolo da Giovanni Bertè, ha la grande cassa scolpita, dorata e dipinta, addossata alla parete;
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la cantoria è valorizzata da panelli lignei dipinti ad olio nel 1716; al centro lo stemma di Brentonico. L’organo è stato restaurato nel 1976 ed è usato sia per le celebrazioni liturgiche che per i concerti.
L’imponente torre campanaria, che sovrasta l’edificio di culto sul lato meridionale, è un bell’esempio di costruzione in stile romanico. La cuspide, circondata da quattro pinnacoli, è stata per la maggior parte distrutta da un fulmine negli anni venti e di originario conserva solo il basamento. Quattro bifore delineano la cella campanaria: sulla colonnina di una di esse è graffita una torre, probabilmente stemma gentilizio della famiglia Torrisendi di Verona. Su una pietra sopra l’orologio è incisa la data 1571, memoria dell’intervento di sopraelevazione.
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La Cripta
Sotto il presbiterio l’edificio conserva intatta la cripta, “uno dei più interessanti monumenti romanici minori, testimonianza architettonica, artistica e storica dell’antichità e della dignità del sito pievano”. Nel territorio trentino è l’unica cripta di chiesa medievale conservata interamente. Eretta probabilmente tra l’VIII e il X secolo, dedicata a S.Giovanni Battista, nel passato era chiamata “sotto la confessione” o “Chiesa Sotterranea”, e fino al XVII secolo vi era collocato il battistero. Alla cripta si accede attraverso due scale tra loro simmetriche, una delle quali comunicante direttamente con l’esterno della chiesa. Le arcate in tufo con volta a crociera delineano cinque navate interne. Le colonne sono quadre, con capitello a stampella, eccetto una, che è cilindrica con capitello scolpito a croci. L’altare romanico ha la mensa il pietra. L’interno nel passato era parzialmente dipinto a fresco, dove sono rimaste tracce di decorazioni tardo trecentesche con le effigi degli Evangelisti Marco e Giovanni. Del pavimento originario in battuto di calce mescolato con coccio-pesto, rimangono solamente alcuni ritagli, mentre intatta è la pavimentazione dell’abside in pietra, posta a mosaico.
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La chiesa parrocchiale, considerata sotto il lato artistico, non è una gemma; è sempre però una bella chiesa di stile semplicissimo, ad una sola navata e senza ornamenti, e decorata di sette altari, fatti in diverse epoche con disegni diversi uno dall’altro.
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Altar Maggiore
E’ un ammasso maestoso e severo, che a primo aspetto ha l’apparenza di un antico monumento. E’ stato eretto nell’anno 1598 ed il disegno è stato eseguito dalla scuola dei Benedetti di Castione. Si può dire che questo altare rappresenta la ricchezza e la bellezza dei marmi delle cave di Castione, poiché è costruito per la maggior parte di quei stupendi lavori della natura, oggi troppo dimenticati.
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Altare di S. Giuseppe
E’ l’altare più antico della chiesa parrocchiale; da principio era detto l’altare del “Corpus Domini” o del “SS. Sacramento”, perché in esse si conservano le specie consacrate.
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Altare del Carmine
E’ stato costruito nel 1621, sull’eguale disegno dell’altare di S. Giuseppe, dai confratelli della Madonna del Carmine, Coperta dal quadro dell’altare, si trova una nicchia tutta di marmo e finemente lavorata, nella quale è collocata una vecchia statuetta della Madonna.
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Altare del Crocefisso
E’ un vero ammasso di pietre; un lavoro assai pesante e di nessuna proporzione nel disegno. E’ stato eretto dal Parroco Don Lorenzo Guetti con i soldi della Signora Anna de’ Betta, una delle ultime discendenti di quella nobile e gloriosa famiglia.
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Altare di S. Nicolò - Altare dell’Immacolata
Questi due altari sono le due opere più belle che adornano la chiesa parrocchiale di Brentonico. Il disegno è svelto, leggero, ben proporzionato; quegli ammassi di marmi sono così posti uno sopra all’altro, che pare si innalzino e volino. Di questi due altari non si hanno memorie, ma sembra che escano dalla scuola dei Benedetti e siano disegno e fattura di quei celebri architetti.
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Altare del Rosario
E’ un altare di stile romano, che non ha bellezze rimarchevoli, ed anche di questo altare non si hanno notizie alcune.
Quando nel 1873 fu rimesso a nuovo il pavimento della chiesa, il Parroco di allora, Don Lorenzo Guetti, osservò le tracce di due altri pavimenti in mastice comune e molto più bassi dell’attuale. Egli potè vedere in quell’occasione anche gli zoccoli delle lesene, sepolte dal poco buon senso. Trovò pure sotterrato a metà chiesa un monumento singolare di marmo bianco levigato. Che fosse il sarcofago dell’Arciprete Don Antonio Barberi, levato dalla facciata interna della Chiesa nel 1656 per ordine vescovile?
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Chiesa di S. Rocco
Questa chiesuola è collocata al principio di Brentonico su quel di Lera e la fecero riedificare i Regolani di Fontana e Lera dopo la famosa peste del 1630.
Una cappella dedicata al santo protettore degli appestati doveva esistere anche prima di quell’epoca. Da documenti presentati all’Arciprete Festi (1570), appare che anche prima del 1630 esisteva in Brentonico una cappella dedicata a San Rocco. Il campanile è disegno di Teodoro Benedetti di Castione e fu aggiunto alla chiesa nel 1768. San Rocco e una chiesetta abbastanza elegante ed è fornita di tre altari tutti di marmo di Castione. I due laterali assai graziosi ed eleganti, conservano il carattere della scuola dei Benedetti.
Negli anni 1705, 1806, 1808, e 1848 la chiesetta di San Rocco è stata convertita in ospedale militare per uso dei soldati tedeschi e francesi, che, in quegli anni d’infausta memoria, passarono e ripassarono ripetute volte.
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Chiesa di S. Caterina
Un secolo fa sul dossetto di S. Caterina, in vicinanza alle rovine del castello del Dosso Maggiore, si poteva vedere una chiesetta dedicata alla Santa senese. Indicare il tempo, in cui ebbe principio questo sacro edificio è cosa impossibile, in quanto che manca ogni e qualunque memoria. Tuttavia si può con certezza asserire che la Chiesetta è stata eretta dai Castelbarco per comodo degli ufficiali e della sbirraglia del Castello vicino. Rovinato il Castello (1706) e trasportati tutti gli uffici nella nuova residenza in Brentonico, la chiesetta venne pure abbandonata, e tanto andò in decadenza, cha al principio del XIX secolo non presentava che un ammasso di rovine. Ottenuto poi il permesso dal Vescovo, gli ultimi avanzi di questa chiesa furono rasi al suolo ed in memoria di essa in quel luogo venne innalzata una Croce di pietra, la quale fu benedetta con grande solennità il 14 agosto 1825.
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Chiesa di S. Romedio
I regolani di Fontechel (Fonticulus), ultima contrada di Brentonico, imitando l’esempio di quei di Fontana e Lera, vollero anch’essi avere la loro chiesetta che incominciarono a costruire nel 1630 dedicandola a S. Romedio. Questo edificio ebbe il suo compimento solo nell’anno 1650; è un piccolo esagono regolare, che nel suo disegno originale ha qualche cosa di interessante. Un quadro di S.Romedio, è stato eseguito dal un certo Falcieri di Brentonico, forse era Biaggio Falcieri, e venne pagato con 189 troni e soldi 3.
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Chiesa di S.Bartolomeo di Fano
Questa chiesa e la contrada di Fano non esistono più. Nell’anno 1648, per causa di una dilamazione dei terreni soprastanti, e l’una e l’altra furono sotterrate. Ecco ciò che si legge in una piccola cronaca manoscritta: “ Oltre il ponte di pietra di Fontechel, su di un dolce pendio versante a mezzogiorno, trovasi il piccolo villaggio di Fano, composto di quarant’una famiglie e che abitavano altrettante casocce, coperte a paglia e parte a tegole. Una Chiesuola dedicata a S. Bartolameo, nel qual giorno si apriva quella fiera, che ora si tiene in Brentonico, serviva all’unione di quei fedeli, che vivevano ed oravano dietro il buon costume dei nostri antichi padri. “
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Una tela, rappresentante S. Bartolameo, di ignoto autore, è giudicata dagli intendenti una buona pittura. Fu salvata dalla rovina e si conserva nella sacrestia, sul territorio di Vigo. A memoria del lugubre fatto sul luogo dell’antica chiesetta di S. Bartolameo, è stato eretto un tabernacolo, sul quale, fino a una decina di anni fa si leggevano, rozzamente scolpite, queste parole; “Nel 1648 l’ano — Qui si subissò Fano “.
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Palazzo Eccheli Baisi
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Situato strategicamente nella piazza vicino alla Chiesa, Palazzo Eccheli Baisi è un complesso architettonico-monumentale la cui importanza storico-artistica va oltre i confini dell’altopiano. In esso sono compresenti stili architettonici e àmbiti tipologici diversi. Motivi decorativi stridenti convivono accostati in una sorta di enorme collages: un’impronta specificatamente urbana è intrecciata con la tradizione rurale. Non c’è una data di nascita precisa del Palazzo. Alla fine del XVI secolo gli Eccheli si trasferiscono da Pilcante a Brentonico per controllare meglio il commercio e le miniere di terra verde localizzate oltre il passo S.Valentino. La scelta del luogo dell’insediamento, a lato della Chiesa nella parte più consolidata del paese, con una nuova costruzione, mostra l’importanza del ruolo che la famiglia già detiene. Nel 1593 era stata ultimata la nuova chiesa, sul lato opposto della piazza. L’erezione del portale d’ingresso è la prima operazione, inizio di un lavoro di abbellimento e nobilitazione del complesso. La composizione è arricchita da un soprastante affresco con Madonna, Bambino e S.Sebastiano, dove sono ancora percettibili interessanti contrappunti coloristici.
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E’ con la fine del XVIII secolo che il complesso viene radicalmente “rifabbricato” e assume così l’aspetto che oggi conosciamo. Quando Bartolomeo Eccheli diventa conte, c’è l’esigenza di conferire alla dimora un’immagine adeguata alla nomina. La facciata principale è completamente riprogettata, il fondo di colore verde dell’intonaco è ricavato dall’impiego delle terre colorate, delle quali gli Eccheli detenevano una sorta di monopolio. Tutto il sistema decorativo, che conferisce al palazzo un aspetto aulico, è in soluzione di continuità con ampi settori interni. Nei particolari, nei dettagli più impensati è riconoscibile un’alta qualità esecutiva. Le pitture migliori si trovano in alcune ampie stanze del piano nobile. Eseguite a tempera da Bernardo Casari, esse sono state collocate giustamente da Rasmo nella storia dell’arte del Trentino. La fine del secolo XVIII, con il conte Bartolomeo da Eccheli, è il periodo di massimo splendore del Palazzo e l’apice della floridezza della famiglia che lo abita. Nel 1840, dopo quasi tre secoli di permanenza a Brentonico, Ludovico, figlio di Bartolomeo Eccheli, vende a favore di Giacomo e Domenico Baisi una parte di casa. I Baisi sono una famiglia facoltosa di industriali, commercianti e proprietari di vaste tenute agricolo-pastorali.
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Dopo aver abitato il palazzo per un secolo abbondante, nel secondo dopoguerra, molti componenti della famiglia Baisi si trasferiscono altrove. Di recente, nel 1983, gli ultimi eredi lo vendono al Comune di Brentonico. Si profila così un utilizzo integrale dello spazio e si prospetta per il futuro un nuovo orizzonte di attività culturali legate alle particolarità naturalistiche del Monte Baldo.
Le terre verdi
L’attività estrattiva dell’ altopiano di Brentonico comprendeva, oltre che l’estrazione del carbone, del ferro e della selce, anche quello delle terre colorate ( terre gialle di Saiori, terre rosse di Crosano), ed in particolar modo delle terre verdi. Nel corso dei secoli in località Pianeti vennero scavate più di 30 cave, dalle quali le preziose terre verdi erano estratte, lavorate e commercializzate in tutta Europa. Fra i primi commercianti si ricorda la famiglia Eccheli (gia Jechelis) di Brentonico, alla quale era stato concesso, nel 1668 da Leopoldo III la possibilità di coltivazione delle miniere, definendo la zona come”onorevole e ricco feudo”. Nella pittura italica fu usato come sottofondo per gli incarnati, mentre i pittori cristiani del Medioevo rappresentavano la croce di colore verde, simbolo di carità e speranza.
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