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I centri abitati - Corne
Tratto da “ Notizie storiche di Cornè
di P. Ilario Dossi Cappuccino
Edizione Gruppo culturale Fotoamatori - Cornè
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Cornè, - Corneto, Cornetum, Cornedum, Cornedo.- frazione del comune di Brentonico, sulle pendici del Monte Baldo, giace verso il fondo della conca brentegana sulla destra della Sorna. Cornè che costituisce una delle dieci regole dell’estesa comunità di Brentonico, consta di parecchi gruppi di case sparpagliate su un suolo assai vasto e accidentato.
E’ chiamata Cornè quella plaga di casolari sparsi distribuiti sulle pendici del monte Cornale, incisa dal torrente Lodròn, affluente di destra del torrente Sorna. A questi nuclei, caratterizzati da fabbricati di notevole cubatura, si aggiungono numerose contrade individuabili dai nomi o dai soprannomi dei nuclei familiari che le abitano.
Questi gruppi di case derivano infatti per lo più dall'insediamento di uomini e cose a scopo agro-pastorale; possono essere dunque definiti masi anche se il termine non è usato, dove il nucleo di case, anche se piccolo, viene detto contrada. Quale sia stato, e in che epoca sia venuto il popolo che per primo mise piede sul suolo brentegano in genere, e di Cornè in particolare, non si può con certezza
asserirlo, mancando i dati statistici necessari. Tuttavia, che l’uomo sia arrivato anche quassù fin dai tempi immemorabili, lo provano gli oggetti scoperti in località Tragno, a Cazzano, e presso il castello di Dosso Maggiore a Brentonico.
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Questi ritrovamenti ci permettono di congetturare che già quei popoli primitivi che abitavano nelle caverne, nelle grotte, nei sottoroccia, sul culmine dei colli, e che dalle pianure lombardo-venete per le Valli del Chiese e dell’Adige, entrarono per primi in Trentino, siano penetrati anche nella valle della Sorna. Nessuna altra memoria ci resta di questa gente, all’infuori di questi rozzi utensili di pietra che sperduti o abbandonati pervennero fino a noi.
Il popolo che lasciò tracce inconfutabili della sua venuta e dimora in questi luoghi, furono i Celti o Galli Cenomani, i quali emigrarono dalla Francia in Italia circa cinque o sei secoli avanti Cristo, piantarono stabili centri di abitazione anche su questa estrema parte settentrionale del Monte Baldo, dando così principio al paese, il quale, dal nome forse della tribù o famiglia che ci si stabilì, fu appunto chiamato Brentonico.
Allorquando poi i Romani forse oltre duecento anni prima di Cristo estesero il loro dominio anche nel Trentino, il Brentonicano fu certo uno dei primi a riconoscere la podestà dei novelli padroni. Sorsero così nuovi paeselli e si intensificarono, dando così vita ad una nuova comunità.
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E della venuta e dimora dei Romani nella valle della Sorna, e dell’influsso da loro esercitato su quei nostri antenati, ne fanno fede, vuoi i nomi di molte località e di persone, derivati da voci latine, vuoi le monete romane scoperte a Brentonico, e a Cornè nella località “ai Pizzi”, vuoi finalmente certi costumi e giochi ancora in uso, i quali si ritiene di credere di origine romana. La prima volta che venga ricordato il nome di Cornè in pubblici documenti, è in un atto del 1285, nel quale viene nominato un certo Ognibene de Guaina de Cornedo.
Cornè è chiamata la plaga ad aggregati sparsi distribuiti sulle pendici del monte Cornale, attorno ai 500 metri di quota, incise dal torrente Ladrone. Tre sono i nuclei più consistenti e a questi , caratterizzati da fabbricati di notevole cubatura, si aggiungono numerose contrade che possono essere definite anche masi. Questi gruppi di case, infatti, derivano per lo più dall’insediamento a fine agro-pastorale di uno stesso ceppo familiare che all’interno del complesso edificato stabilì una certa autosufficienza.
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La chiesa della Madonna
del Carmelo
La chiesa di S. Matteo
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La chiesa di Cornè
La chiesa parrocchiale della Madonna del Carmine, eretta all’inizio del ventesimo secolo, sorge in luogo appartato presso l’antica chiesa del XVI secolo dedicata a S. Matteo negli anni 1903-1904 e consacrata nel 1905. Il grande edificio di reminescenza rinascimentale si rese necessario perché la vecchia chiesa era diventata insufficiente a seguito dell’aumento della popolazione. L’alto campanile fu eretto nel secondo dopoguerra (1948-1951) su progetto di Efrem Ferrari di Trento. L’interno della chiesa è a spaziosa aula, con volta a botte con due cappelle laterali e altari marmorei di scuola castionese. Il bell’altar maggiore di marmi policromi, è ottimo lavoro castionese del XVIII secolo. Provenienti dalla vecchia chiesa sono le quattro tele seicentesche della Natività, Lavanda dei piedi, Ultima Cena e una scena biblica.
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La Chiesa di S. Matteo
Si trova poco a valle della nuova parrocchiale, sull’orlo della china. E’ sconsacrata; piccola e bassa e il prospetto si affaccia sullo spazio verde che fino allo scorso secolo accoglieva il cimitero. Il campaniletto è composto curiosamente da due corpi di affusto il superiore dei quali e più largo rispetto a quello inferiore. Restaurata nel 1972-73 e nel 1976-77, l’interno ad un’unica aula, conserva i resti di una decorazione a fresco di tradizione tardo-gotica(?) Di fronte all’aula c’è la cosiddetta “cappella dei confratelli” del SS. Sacramento che vestivano un sacco rosso. L’edificio è sorto a spese della popolazione nella prima metà del 1500 su una chiesetta medioevale preesistente.
L’arredo era povero e i due altari erano dotati di ancone dipinte. Vi erano poi alcuni angeli di legno scolpito e dorato, di alcune statue di santi sopra le portine che immettevano nel coro e, nello stesso, diverse pitture ornate con cornice di legno.
I visitatori vescovili veronesi del 1737 giudicarono la chiesa “assai piccola” e consigliarono di ampliarla, cose che si fece. Il vecchio altare di pietra e legno fu sostituito con uno di marmi castionesi lavorati. Uno degli ultimi lavori riguardò nel 1884 la posa in opera di un nuovo pavimento lapideo.
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Carta della Regola
Ciascuna delle vicinie che formavano la “Magnifica Comunità, Università degli uomini di Brentonico” era provvista di “Carta di regola” intesa al buon governo del territorio e dei rapporti tra i censiti del villaggio.
Un modello trentino di tali documentazioni comunitarie squisitamente democratiche, almeno in rapporto ai tempi, può essere la “Carta di regola” di Cornè, di cui si conosce una copia del 1807.
Essa tratteggia efficacemente un quadretto della vita di un villaggio rurale di montagna del passato dove la religiosità informava il quotidiano e il paesaggio era profondamente agro-pastorale, sparsi di masi, sito nel clima della vite.
Ogni vicino era tenuto a rispettare le proprietà comuni e quelle private, a provvedere a turno alla manutenzione delle strade e al buon andamento della collettività. La piccola comunità ere retta da due massari e da un saltaro eletti annualmente dall’assemblea dei capifamiglia.
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Ed ecco alcuni passaggi della “Carta di Regola” nel suo incerto, scorretto dialettale italiano quale è stato copiato ( o storpiato ) nel primo decennio del secolo XIX da un documento datato: Copia li primo Febbraio 1807.
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… che se li Destrentori o Massari non faranno osservare li ordini scritti in questo Libro con ogni suo potere possino essere Castigatti di L. 3 …
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… che niuno possa pascolar in detta Regola con capre da tempo alcuno sotto pena di soldi n.5 per ogni capra ed il doppio nelle vigne …
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… che non si possa far erba o foglie ne luoghi d’altri sotto pena di L.3 tante volte quante …
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… che se sarà trovato qualche Cane a mangiar uva d’altri sia manifestato di carantani n.10 …
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… Che non si possi cercar lumaci nei luoghi d’altri della sopradetta Regola sotto pena di L.3 tante volte quante …
e così di seguito per altrettanti 32 Capitoli.
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