Le norme che stabilivano il buon governo di ogni vicinia erano fissate in una piccola costituzione locale detta carta della regola. Ogni villaggio costituiva una regola, era cioè una comunità che si autogestiva, che amministrava in autonomia i propri beni collettivi, come i pascoli, le strade, i boschi. Una copia della carta di Cornè datata 1807 è giunta fino a noi; è conservata presso la biblioteca dei padri cappuccini di Trento. Nella carta di Cornè, tra l’altro, s’afferma che: “non si possa pascolar con bestie grosse, con asini né porci, negli luoghi d’altri, sotto pena di Lire tre, tante volte quante…”
…che se qualcheduno getterà sassi nelle strade del comune, o invierà acque, stupare ruzalli, o in altri impedirà il corso dell’acque sia manifestato di Lire tre.
Ad inizio ‘900 il maestro Emilio Conci scriveva: “ gli abitanti di Cornè sono tradizionalmente definiti “Codizi”, perché si attribuisce loro una certa debolezza per i cavilli; son chiamati anche brustolini perché a Cornè è facile che i raccolti vengano bruciati dalla siccità.”