Sparso sul pendìo delle Bosàneghe, Crosano con i suoi 600 abitanti è la frazione più popolata dell’Altopiano.
(Traduzione in italiano del personaggio che parla in dialetto) Una volta qui c’era un albergo, dinnanzi c’era una piazza, era un po’ disagiata, con il pavimento in selciato, però la gente veniva la sera a raccontarsi i loro problemi, le loro miserie, che tante erano. Soldi nelle tasche non ne avevano; alla sera non andavano al bar a bere, ma si recavano in una casa o in un’altra a prendere un boccale di vino , con quello facevano due canti e poi stanchi andavano a dormire in santa pace. Adesso, come dice una canzone, “con il modernismo del novecentismo rinnovando tutto va”, ci siamo trovati senza un albergo, una piazza delimitata, stravolta rispetto all’originale come la gente stessa. E noi cosa possiamo fare? Ci consoliamo con i ricordi e lasciamo che il progresso segua il suo corso.
Come tutti i villaggi del brentonicano, Crosano denuncia accanto al centro insediativo tradizionale la proliferazione dell’edilizia moderna. Utilizzati solo in parte dai turisti, i nuovi insediamenti sono stati sopratutto costruiti per i brentegani del dopo guerra. Queste dimore sono la spia del passaggio dal mondo rurale alla realtà valliva dell’industria. Non più lavoro nei campi, ma adeguamento al regime della fabbrica che garantisce uno stipendio fisso; ed è con la moneta diffusa che si costruiscono i nuovi edifici, cambia il modello economico e con esso i comportamenti comunitari. La minor collettività e la maggio gratificazione individuale accompagnano il progresso dell’Altipiano e la conseguente emergenza ecologica.
Le grandi lastre dei portali e delle “soie”, piedritti in italiano, venivano estratte dalla Preèra, una cava abbandonata fra Crosano e Sant’Antonio che un tempo forniva pietra calcarea a faglie.
Nel cuore del paese si trova casa Bertoni, esempio della locale architettura spontanea. Dal portale bugnato si accede ad un’ampia corte; s’alza lo sguardo ed è una fitta trama di ballatoi, nella parte centrale si riconosce “el balaòr”, un poggiolo profondo quanto un locale. Una volta “el balaòr” era luogo domestico di lavoro, aerato ma protetto dai muri laterali. I crosani sono passati alla storia come “begaròi”, per la loro innata tendenza al dissenso e all’estrosità.
(Traduzione dal dialetto) Eravamo tacciati come gente litigiosa, ma sappiate che noi di Crosano non litighiamo mai, casomai discutiamo, chiaccheriamo, abbiamo solo trovato un buon modo per far passare il tempo.
Al “Fontàm” un erto pezzo di selciato mostra come erano le strade urbane dei paesi, strade acciottolate su cui si affacciavano fontane e fontanelle e capitelli, testimonianza di devozione popolare, esperìta quotidianamente con la preghiera.